Andiamo avanti nel nostro percorso di esplorazione alla ricerca delle radici della Musica che ascoltiamo ogni giorno.

Dopo aver provato a capire qualcosa della Musica “Classica” e della Musica “Popolare”, oggi parliamo del… Blues!

È un passaggio cruciale, l’avevamo anticipato: qui è il punto in cui cambia davvero tutto, le musiche popolari si incontrano, si scontrano, entrano in collisione come stelle nello spazio e danno vita a qualcosa che non c’era…

… la Musica contemporanea!

 

Già: per quanto assurdo possa sembrare, praticamente tutta la Musica che ascoltiamo ogni giorno è più in debito verso il Blues che verso qualsiasi altra Musica della storia umana, colta o popolare.

 

I canti dei campi di cotone

Ma… che cosa è il Blues? Da dove arriva? Come suona?

Intanto per cominciare diciamo che quello che chiamiamo genericamente “Blues” è in realtà una specie di “albero” ricchissimo di rami che si sviluppano in direzioni anche molto diverse tra loro.

Il tronco però è lo stesso, ed è quello che ce lo fa chiamare “Blues”.

E sono le stesse le radici.

Talmente forti che spesso il Blues più antico viene proprio chiamato “roots Blues”, il Blues delle radici appunto…

Tutto nasce nei campi di cotone nel Sud degli Stati Uniti, verso il delta del Mississippi. Lì nei secoli erano stati portati migliaia e migliaia di africani dell’Ovest (tipo il Mali, ricordi che ne abbiamo parlato la volta scorsa?), costretti a lavorare in condizioni disumane per raccogliere appunto il cotone.

Come capita spesso a chi lavora in gruppo nei campi (ricordi le mondine, sempre la volta scorsa?), c’è un solo modo per rendere sopportabile la fatica, la schiena spezzata, il sole a picco sulla testa, la fame, la sete: cantare.

Cantare. Insieme.

Non abbiamo testimonianze registrate di quello che succedeva durante lo schiavismo, fino al 1850, però cose simili accadono ancora con le prigioni americane dove i detenuti vengono costretti a lavorare nei campi, a spaccare pietre, in condizioni di sostanziale schiavitù.

E cosa fanno?

Cantano, ovviamente:

Dopo la schiavitù

Nel 1850 la schiavitù negli Stati Uniti viene dichiarata illegale.

Ci è voluta una guerra civile che ha spaccato il Paese in 2 e che ha lasciato sul campo i cadaveri di circa 700.000 soldati, ma il risultato di Lincoln è raggiunto.

Gli Stati del Sud, però, quelli che volevano continuare con la schiavitù perché garantiva manodopera sostanzialmente gratis, non si arrendono così facilmente.

La schiavitù formalmente è abolita, ma i neri continuano a essere emarginati, sottopagati, privati dei diritti civili.

E continuano a lavorare nei campi di cotone, ma con qualche libertà in più.

Nel corso dei decenni, intanto, i canti dei neri si contaminano con quelli dei bianchi, nelle taverne, nei posti dove si beve, ma anche nelle chiese.

E succede una cosa fantastica e meravigliosa: da quell’incontro (o meglio: scontro) nasce una Musica del tutto nuova.

 

La struttura in 3 frasi

Intanto per cominciare, nei campi di cotone la struttura del canto inizia lentamente a “prendere forma”, a diventare sempre più organizzata:

  • Affermazione;
  • Ripetizione;
  • Conclusione.

In pratica, un solista canta una frase, ad esempio:

“Oh, baby don’t you want to go?”

Dopodiché, tutti ripetono:

“Oh, baby don’t you want to go?”

A quel punto il solista canta una chiusura:

“Back to the land of California to my sweet home Chicago”

Quindi:

  • Solista – Affermazione
  • Coro – Ripetizione
  • Solista – Conclusione

È la cosiddetta struttura “in 12 battute”, dove ognuna delle 3 fasi occupa appunto 4 battute musicali.

Questa struttura diventa così popolare che resta intatta anche quando a cantare non sono i gruppi di lavoratori nei campi, ma cantanti singoli che magari si accompagnano con le prime chitarre.

Il “papà” del Blues: Robert Johnson

Ovviamente non è mai una persona soltanto a creare un genere, tantomeno un movimento variegato come è il Blues.

Tuttavia…

… c’è una figura che spicca tra tutti, e in qualche modo è diventata l’icona dell’inizio del Blues, il papà di quella mitologia fatta di crocicchi (crossroads), patti col diavolo, alcool, storie d’amore disperate, sogni irrealizzabili di una vita diversa.

Questa figura è Robert Johnson.

È vissuto solo 27 anni, tra il 1911 e il 1938, e ha registrato soltanto 29 canzoni.

Ma sono canzoni che hanno cambiato per sempre la storia della Musica.

Prendiamo “Sweet Home Chicago” (abbiamo usato il testo prima per capire la struttura in 3 frasi).

Magari la conosci per la versione dei Blues Brothers, questa:

L’originale però è sua, chitarra e voce, straziante:

Il Delta Blues

Il Blues delle origini dunque nasce dalle parti del delta del Mississippi, e infatti viene chiamato “Delta Blues”.

John Lee Hooker:

Son House:

Muddy Waters:

BB King

Se Robert Johnson è quello che ha “dato vita” al Blues, BB King è quello che lo ha cresciuto fino a farlo diventare definitivamente “adulto”.

Dopo un’infanzia nei campi di cotone, sfrutta la chitarra elettrica (appena inventata) per portare il linguaggio del Blues alla sua piena maturità:

Chicago Blues

Nella zona di Chicago, Illinois, si sviluppa uno stile di Blues molto particolare, che nasce dal Delta ma si sviluppa in direzioni che daranno il via a tutta la cosiddetta “Black Music”.

Bo Diddley (e la sua chitarra rettangolare):

Buddy Guy:

Texas Blues

Nel Texas si è sviluppata una corrente del Blues assolutamente particolare, caratterizzata da una grinta e da un “groove” che virano verso il Rock.

Stevie Ray Vaughan:

Il Blues oggi

Il Blues ha “contagiato” tutte le forme di musica “popolare” contemporanea, quella che ascoltiamo tutti i giorni, dal Jazz al Rock, dal Soul al Rap all’Hip Hop…

… ma continua anche a vivere la sua vita, con musicisti che portano avanti la lezione di Robert Johnson e la aggiornano con la sensibilità di oggi.

Robben Ford:

Joe Bonamassa:

E in ogni caso, il Blues resta la forma di musica più immediata e capace di parlare direttamente al corpo e al cuore delle persone.

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